Che sia stata la campagna elettorale più brutta di sempre lo si dice a ogni campagna elettorale, almeno da un po’ di tempo a questa parte, no? È realistico pensare che lo si dirà di nuovo alla prossima, e con questo provare qualche sollievo rispetto a questa: che ha un pregio, in questi giorni. È finita.
A concorrere a questa valutazione negativa ci sono in effetti alcuni fattori: la debole qualità del dibattito e dei contenuti, la scarsa attenzione a temi globali e nazionali davvero importanti e complessi a favore di polemiche spesso capricciose e infantili, l’impegno dedicato a screditare gli avversari più di frequente che a promuovere se stessi, l’impressione che l’elettorato sia percepito – a torto o a ragione: nessuna delle due sarebbe una buona notizia – come orientato da dinamiche e considerazioni superficiali, egoiste e immature a loro volta, la narrazione mediatica che – a torto o a ragione, poco conta – ha tolto valore e senso al procedimento democratico e alla riservatezza del voto insistendo sulla scontatezza del risultato più che su ogni altra cosa.
Il Post ha cercato – e continuerà a farlo nelle prossime giornate campali e in quelle che verranno – di fare la sola cosa utile per arginare queste derive che considera disgraziate e per aggregare più persone possibili intorno a un modello diverso: dare informazioni accurate e chiare, spiegare, permettere di andare a votare senza scivolare nell’imbuto degli approcci elencati sopra, aggrappandosi alle pareti di un giudizio sulle cose e sulle prospettive, basato su un’idea di paese migliore e più sereno e non su egoismi sventati e ignoranza identitaria. Non abbiamo indicato più chiaramente quali partiti possano dare garanzie di rappresentare questa alternativa perché non li abbiamo trovati, ma questo non significa che non ci siano sulle schede nomi di persone serie e di buone intenzioni che ancora credono in un’idea letteralmente progressista del futuro, e non solo difensiva o combattiva, o peggio ancora retrograda. Quelle persone ci sono, se ci si informa e si applicano criteri ragionevoli: se si vota pensando a tutti e non solo a se stessi, considerando il voto uno strumento prezioso verso un’idea di futuro comune e non un modo di essere contenti o depressi a casa propria, come dopo la fine di una partita in tv.
Ma la cosa più promettente che abbiamo cercato di fare – tutti quanti – è di aggregare, rassicurandoci gli uni e le une con gli altri e le altre, chi questa idea del futuro e del paese possibile la condivida e la arricchisca, tra mille sfumature e visioni accessorie: quelle si conciliano, se siamo d’accordo sul metodo e sulla direzione. Verranno tempi migliori, e verranno per merito delle persone di buona volontà che si saranno informate bene e avranno provato a capire meglio le cose, e saranno tempi migliori anche per tutti gli altri: quello che chiamiamo, appunto, un paese. “Grande” non sappiamo, ma forse non ha importanza: più unito, più aperto, più solidale e giusto, più fiero dei progressi civili, culturali e scientifici della sua modernità e desideroso di aggiungerne, che nostalgico delle inciviltà del suo passato e più chiuso. Più fiducioso che spaventato. Ce ne sono tante, di persone di buona volontà, tra chi va a votare; e ce ne sono anche tra i candidati e le candidate: informarsi meglio, informare meglio, conoscere, serve ad aumentare le possibilità che si incontrino. Domani, e tutti i giorni che verranno.
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